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È il Vietnam il paese più attraente per
la Gdo
Secondo lo studio effettuato dalla società di consulenza
A.T.Kearney, lo stato asiatico supera Cina e India come
àdi sviluppo della rete commerciale.
Il risultato, a prima vista del tutto sorprendente, ma che a meglio guardare si fonda su solide basi, è quello dell'edizione 2008 di Emerging opportunities for Global retailers, lo studio che ogni anno la società internazionale di consulenza A.T.Kearney effettua per valutare le potenzialità di mercato dei vari paesi. Quest'anno, il solito testa a testa tra Cina e India non c'è stato per la semplice ragione che questi due paesi, pur occupando le prime posizioni della classifica, hanno leggermente rallentato la loro crescita e cominciano anche ad accusare un maggior affollamento di retail. Il Vietnam, invece, presenta tutte le caratteristiche ideali per un retailer globale: consumi in grande sviluppo, costi immobiliari bassi, scarsa presenza di competitor.
Un mix di quattro fattori
L'indice con cui A.T.Kearney stila la sua graduatoria è un mix di quattro fattori: il rischio Paese, l'attrattività del mercato (la propensione all'aumento dei consumi degli abitanti), la saturazione (presenza di retailer) e il fattore tempo (cioè la necessità di entrare il più rapidamente possibile sul mercato). Il Vietnam ha vinto perché il reddito pro capite dei suoi abitanti sta crescendo più rapidamente degli altri paesi del Sud Est Asiatico, grazie all'aumento esponenziale delle industrie, in parte delocalizzate dalla Cina, dove il costo del lavoro sta diventando troppo alto per produzioni a basso valore aggiunto e dove i maggiori controlli sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche rischiano di far traslocare i produttori con meno scrupoli. Sta crescendo, inoltre, una fiorente imprenditoria locale.
● Asia
Continua la crescita a ritmi sostenuti di tutto il continente, con aumenti medi del Pil intorno al 7%. Il Vietnam è un mercato da 20 miliardi di euro, una cifra ancora molto bassa, ma che cresce ogni anno a due cifre e oltretutto con bisogni soddisfatti da retailer di Filippine, Thailandia e Malesia. Il primo ingresso di retailer internazionali si è avuto con una joint venture tra Metro, Casino e Parkson, che hanno dato vita a Best Denki. Con una crescita prevista per il 2007 del 7% l'enorme mercato indiano (511 miliardi di dollari il valore del commercio) mantiene intatte le sue prospettive, anche se le major della distribuzione mondiale (come Wal-Mart, Tesco e Carrefour) sono già presenti, sia pure con programmi d'affiliazione, sul territorio.
A differenza della Cina, dove il divieto di avere più di un figlio per coppia rischia di portare a seri problemi demografici nei prossimi decenni, l'India ha un'impressionante percentuale di giovani: un terzo degli abitanti oggi ha meno di 15 anni. La Cina rimane ancora una grande opportunità, perché solo il 5% degli acquisti è oggi effettuato presso strutture della gdo internazionale; si tratta, però, di un mercato molto frammentato e con diseguaglianze sociali ed economiche.
● Medio Oriente
Il futuro, probabilmente, vedrà un balzo in avanti dei paesi beneficiati dalle quotazioni sempre più elevate del greggio: Marocco, Tunisia, Arabia Saudita e Algeria vedranno nell'analisi di A.T.Kearney un aumento della loro attrattività. In particolare, le prospettive appaiono brillanti per l'Arabia Saudita: la crescita dell'immobiliare e del turismo porterà presumibilmente i retailer internazionali a puntare su questo paese. Oggi sono già presenti Casino e Carrefour, ma i 35 pdv che complessivamente detengono appaiono ben lontani dal soddisfare le esigenze del paese. Ottime prospettive anche per l'Egitto, che sta dando vita a una serie di riforme del modello economico e a nuove infrastrutture.
● Sud America
Buona la situazione economica nel Sud America, soprattutto per i produttori di materie prime energetiche; la nazione più interessante è il Brasile, passato in un solo anno dalla ventesima alla nona posizione. Qui i consumi appaiono in crescita soprattutto grazie alle politiche sociali propugnate dal presidente Lula e per il massiccio arrivo d'investimenti stranieri, saliti nel 2007 del 100% rispetto all'anno precedente. I retailer internazionali ci sono ma controllano solo il 25% del mercato. Analoga la situazione del Cile, che oggi interessa i retailer soprattutto perché ha un basso rischio paese e una situazione economica completamente sotto controllo.
● Est Europa
Per la Russia è boom. Il paese occupa la terza posizione della classifica, scavalcando la Cina; è ancora una destinazione di primario interesse per i retailer, dato che il 60% dell'incremento del Pil (8% annuo) finisce direttamente nel commercio al dettaglio. Ci sono però alcuni fattori negativi: l'inflazione, che deriva in parte proprio dal boom del commercio, e l'opacità del mercato immobiliare. Molto meno brillante, invece, appare il futuro per le repubbliche nate dalla diaspora dell'Urss, compresi i tre stati baltici.
da 
Ricostruzione Pronti investimenti per centinaia di milioni di dollari
Cultura e alberghi
a 5 stelle L' Iraq:
«Turisti, venite qui»
Un hotel di lusso anche nella «zona verde» a Bagdad
C' è un Paese nel quale una catena d' alberghi internazionale sta per investire 100 milioni di dollari. Dove, giorni fa, s' è tenuto un congresso con 200 tra tour operator e gestori di hotel. E dove l' aria che si respira non è di crisi, ma d' ottimismo. Anche se i motivi di preoccupazione non sono pochi: perché il Paese in questione è l' Iraq. «Due anni fa io stesso dissuadevo chiunque dal venire - riconosce Hamood Massam Al Yakoubi, capo dell' Ufficio del Turismo - ma ora vorrei che tutti visitassero l' Iraq: c' è molto da vedere». E, da questo punto di vista, è difficile dargli torto: l' Iraq è pur sempre quella che, a scuola, veniva chiamata Mesopotamia: la culla della civiltà. E i segni di questo passato, pur sfregiati da bombe e pallottole, sono lì a ricordarlo. Dai resti dei giardini pensili di Babilonia (a Hillah) alle mura di Ninive (a Mosul), dall' ex palazzo presidenziale (ora ambasciata Usa) di Bagdad alla Moschea di Samarra, la cui cupola d' oro, distrutta nel 2006, è in fase di restauro. Certo, l' Iraq ancora non è tornato sui cataloghi degli operatori turistici. E a ragione: a giugno i morti sono stati, secondo il ministero della Salute, 448 (505 a maggio). Ma la situazione starebbe migliorando. E a dirlo non sono solo i comandi americani o il governo iracheno (che pure ieri è riuscito a discutere con Washington un calendario per il ritiro delle truppe). «Qui c' erano sei bombe al giorno - spiega Saad al-Kubaisi -. Ora sono solo un pessimo ricordo». Le sue parole hanno un valore particolare, perché Saad abita sulla strada che porta all' aeroporto di Bagdad. Una striscia di cemento che è stata l' icona del fallimento americano: attentati, bombe, morti (tra cui l' italiano Nicola Calipari). «Qui sarà tutto diverso», ha detto il sindaco di Bagdad Sabir al-Isawi, presentando un piano da 40 milioni di dollari. «Pianteremo alberi, installeremo lampioni, aspettiamo nuovi alberghi». E forse sono proprio gli alberghi a indicare che qualcosa si stia davvero muovendo: secondo il quotidiano londinese Times, sono già pronti a riaprire lo Sheraton, il Palestine, il Babylon. E le autorità irachene hanno annunciato un piano internazionale da 100 milioni per un hotel da 300 camere a 5 stelle nella «zona verde» di Bagdad. L' obiettivo è ambizioso: attirare non solo i turisti religiosi, ma anche quelli da «pacchetto vacanze», specie - come negli anni 70 - da Francia, Germania e Gran Bretagna. «Solo un pazzo potrebbe dire che i problemi dell' Iraq siano finiti» spiega il comandante delle forze Usa a Bagdad, Jeffrey Hammond. «Però ogni giorno è migliore di quello precedente». Chissà se ai turisti quest' assicurazione potrà bastare.
Casati Davide
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